di Luigi Cerciello
Roma: il cielo plumbeo non promette nulla di buono, gli antichi vaticini ci avrebbero visto un segno di sventura. Improvvisamente sui cieli capitolini arriva un aereo della flotta della Repubblica e a sorpresa, ma non troppo, ne discende il Presidente Ucraino Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj. Ad accoglierlo il Ministro degli Esteri nonché vice premier Antonio Tajani. Imponentissimo lo schieramento di uomini e mezzi, manco alle visite dei presidenti degli Stati Uniti si era mai visto un tale dispiegamento. I cieli della capitale sono off limitz per tutti gli aviomobili, in volo solo elicotteri delle forze dell’ordine ed un bimotore dell’aviazione probabilmente attrezzato per eventuali contromisure elettroniche. Dopo un veloce cambio di maglione all’ Hotel Parco dei Principi, situato vicino a via Veneto nell’esclusivo quartiere Parioli (vicinissimo alla residenza privata dell’ambasciatore americano), il presidente Zelens’kyj si reca super scortato al Quirinale dove lo aspetta per un incontro istituzionale il Presidente della Repubblica Mattarella. Veloce l’incontro tra i due e subito via a Palazzo Chigi dove ad attenderlo c’è il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Al termine dell’incontro vi è la classica conferenza stampa, niente di ché (appoggio incondizionato dell’Italia all’Ucraina a 360°; forte amicizia e collaborazione per la ricostruzione dell’ Ucraina; ringraziamenti; ecc.), a seguire l’incontro in Vaticano con Papa Francesco che lo accoglie sull’uscio della Casa di Dio.
l’incontro con il Papa probabilmente fa seguito alla dichiarazione fatta domenica scorsa sul volo di ritorno del Papa dall’Ungheria dove Francesco ha riferito ai giornalisti al seguito che il Vaticano era impegnato in una missione riservata per tentare di mettere fine allo spargimento di sangue in Ucraina: «C’è una missione in corso adesso, ma non è ancora pubblica: quando sarà pubblica ne parlerò», ha detto Francesco ai giornalisti sull’aereo papale. (smentito poi ufficialmente da Cremlino e kiev poche ore dopo).
Quello di Zelens’kyj è il primo di una serie di incontri che il presidente ucraino avrà nelle maggiori capitali europee (domani sarà a Berlino). È questa una delle rare volte in cui dall’ inizio della guerra Zelens’kyj lascia il suo Paese e non è un caso che ciò avvenga in un momento critico in cui la Russia sembra avere serie difficoltà di approvvigionamenti militari come lo stesso capo dei mercenari del Gruppo Wagner, Evgenij Prigožin, ha lamentato; siamo in prossimità della tanto richiamata offensiva ucraina di primavera e gli ucraini hanno un disperato bisogno di sostegno in questa azione che potrebbe cambiare le sorti della guerra. Zelens’kyj ha disperatamente bisogno del supporto aereo, ha bisogno di caccia multiruolo (F16) per la difesa ed il contrattacco aereo e di armamenti, ma anche l’Europa ha bisogno di armi e munizioni, visto che ormai gli arsenali europei sono stati svuotati per rifornire l’Ucraina. Parte di queste armi tra l’altro pare siano misteriosamente finite nel mercato nero internazionale e pare siano andate a rimpinguare tasche di venditori di morte e depositi dei signori della guerra africana (vedasi Sudan). Si spiega così probabilmente la folle conversione di parte dei fondi (a prestito con interessi) del PNRR che ricordiamolo bene significa “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, in fondi per l’ acquisto di armi (di nuova generazione) da inviare in Ucraina. Dunque apparte l’incontro con il Papa, l’unico veramente votato alla pace, gli altri incontri molto più verosimilmente sono di ringraziamento per la distrazione dei fondi post COVID che dovevano servire per il rilancio di economia sanità ed infrastrutture, quindi lavoro e sviluppo, appunto il PNRR, e di ulteriore sollecito alla fornitura dei caccia tanto bramati. Tutto questo insieme alle continue forniture inglesi di materiale bellico sempre più moderno all’ Ucraina (i missili da crociera a lungo raggio Storm Shadow ne sono un esempio) stanno portando inevitabilmente ad una escalation del conflitto con un coinvolgimento sempre più impegnativo da parte delle nazioni non belligeranti (o sarebbe meglio dire indirettamente cobelligeranti). Così come prima della guerra diversi comportamenti sia da parte della NATO che dell’ Ucraina hanno portato negli anni ad una escalation che ha provocato questa guerra allo stesso modo ora si sta arrivando ad un tale coinvolgimento che ci porta ad un passo dalla guerra totale. Ormai come disse Giulio Cesare “alea acta est” il dado è tratto!; siamo molto vicini, solo la fornitura dei caccia ci separa dal passare il Rubicone. Certo il tour europeo di Volodymyr, mentre il Presidente Russo Vladimir Vladimirovič Putin colpito da mandato internazionale di cattura non può varcare i confini europei, esacerba ancora di più gli animi. In questo momento, qui a Roma nel cielo rimbombano in ogni dove i rotori degli elicotteri e i rombi degli aerei mentre Volodymyr si reca al suo ultimo appuntamento, quello con Bruno Vespa ed i maggiori giornalisti nazionali, (eccitati come degli scolaretti). Bruno Vespa non si smentisce mai ed ecco che come location sceglie niente poco di meno che il sommoportico del Vittoriano che domina tutta l’Urbe Capitolina. Stranamente il parter di tutto rispetto di giornalisti e direttori vede l’assenza dei colleghi di altrettante testate giornalistiche di tutto rispetto ma decisamente più critiche con le scelte dell’appoggio incondizionato a Zelens’kyj. Dall’intervista trapela quella che è stata la posizione del presidente ucraino in tutti i suoi colloqui (compreso quello con il Papa): nessun compromesso, nessuna mediazione e l’accettazione incondizionata da parte della Russia dei 10 punti presentati al G20 di novembre 2022;
- Sicurezza dalle radiazioni e dal nucleare (ritiro russo di tutti i militari russi dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia e consegna dell’impianto alle forze ucraine);
- Sicurezza alimentare (rimozione di ogni ostacolo alle esportazioni di grano in partenza dai porti ucraini);
- Sicurezza energetica (ripristino della rete elettrica ucraina e restrizioni sull’export di energia russa);
- Prigionieri e deportati (rilascio di tutti i militari e civili – compresi oltre 11.000 bambini – “rapiti” dalla Russia);
- Integrità territoriale (ripristino dei confini precedenti l’annessione russa della Crimea del 2014);
- Truppe russe e ostilità (ritiro di tutti i militari di Mosca dal territorio ucraino);
- Giustizia (istituzione di un tribunale speciale per i crimini di guerra russi e risarcimento di tutti i danni provocati);
- Protezione immediata dell’ambiente (intervento internazionale a tutela della flora e fauna devastati dalle esplosioni);
- Prevenzione dell’escalation (garanzie formali di sicurezza dell’Occidente all’Ucraina);
- Conferma della fine della guerra (firma di un documento formale di pace).
Appare chiaro quindi come margini di trattativa non ve ne siano e gli ucraini rimangano fermi nelle loro posizioni che praticamente sono quelli di una resa immediata della Russia il ritiro ai confini precedenti all’annessione della Crimea del 2014, il pagamento dei danni di guerra e l’isitutuzione di una nuova Norimberga. Ma da dove scaturisce tutta questa dicurezza?
I russi sono convinti che, con la controffensiva che partirà a giorni, infliggeranno una tale sconfitta alla Russia da spingere gli stesssi russi a destituire il presidente Putin che sta subendo già da tempo forti contrasti interni alla sua cerchia di potere.
Circa un’ora e 20 minuti di diretta, tanto è durato il quasi monologo di Zelens’kyj che ringrazia l’italia per la fornitura di mezzi di contraerea sottolinea come stiano combattendo una guerra anche per noi, che siano i loro figli a morire e che in caso di sconfitta dopo toccherà ai nostri. L’intervista è priva di contraddittorio e con domande qua e là piuttosto ovvie e scontate, un’ operazione mediatico – propagandista, dunque, quella a cui abbiamo assistito, volta a perorare e giustificare l’appoggio all’Ucraina agli occhi degli italiani (che in verità, dati alla mano, hanno preferito più i classici programmi di intrattenimento pre serali) e a soddisfare l’ego e la vanità di altri.
Il presidente ucraino ripartirà a breve. Speriamo che l’unica nota positiva di questa giornata non sia stata quella di vedere finalmente dopo tanto tempo un Ministro degli Esteri degno di questo nome. Nel frattempo A Roma piove e tira un vento gelido e la mente corre a quel 1940 quando uno Stato giovane e proiettato al futuro fu costretto a scegliere non di entrare in guerra (scelta obbligata) ma con chi entrare: scelta sbagliata!