di Andrea Bignardi
La Zeppola di San Giuseppe è un dessert iconico della tradizione dolciaria partenopea e campana in generale.
Consumata, per tradizione, il 19 Marzo, ricorrenza di San Giuseppe e, di riflesso, festa del papà, ha origini antichissime: Ippolito Cavalcanti, padre nobile della ricerca gastronomica napoletana, le menziona nel suo memorabile “Trattato di Cucina Teorico-Pratico” del 1837.
Ma pare che fossero le monache dello Splendore e della Croce di Lucca o quelle di San Basilio del Monastero di San Gregorio Armeno a prepararle, già nell’ancora più lontano 1700, come dolce conventuale. Del resto, fu proprio nei monasteri che vi furono le origini di numerose preparazioni entrate, successivamente, a pieno titolo nella pasticceria napoletana d’autore, dal divin amore alla sapienze (nel caso dei dolci natalizi), sino alla santarosa, nata a Conca dei Marini ed antesignana della sfogliatella riccia divenuta iconico simbolo della tradizione partenopea nel mondo.
A Salerno la zeppola di San Giuseppe è declinata in maniera leggermente differente rispetto al capoluogo: essa è, infatti, di forma rotonda, con un ampio foro centrale: la crema e le amarene ornano il dolce lungo tutto il suo perimetro. Ma, anche nella città d’Arechi, ultimamente c’è chi ha iniziato, magari facendo leva sulle proprie origini, a produrla in stile partenopeo. E’ il caso della Pasticceria “Due” di Giuseppe Petraglia, sita in via Torrione, non distante dal Forte La Carnale.
Da buon cake designer oltre che pasticciere di tradizione, Petraglia propone la zeppola anche in tipologie differenti dalla super-classica fritta, o da quella al forno, divenuta ormai da qualche decennio diffusa ed apprezzata quasi allo stesso modo: sono davvero piacevoli le varianti al cioccolato, per i più golosi, al pistacchio, per chi vuole essere più “mainstream”, ed, ancora, alla frutta con crema chantilly, per i nostalgici delle pompose preparazioni in stile anni ’80.