di Martina Masullo
Continua la battaglia per la vita dell’Associazione e del comitato Salute e Vita e l’Associazione Medicina Democratica, contro le Fonderie Pisano la cui vicends riflette le respinsabilità fondamentali anche di altri organi coinvolti. Nel corso della conferenza stampa di ieri, infatti, è stata presentata una diffida in merito ai comportamenti dei dirigenti dell’ASL di Salerno che hanno “verificato, gestito e tutelato la salute pubblica in modo inadeguato”. Già nel 2019, prima della pandemia, nel corso di un’intervista ad una radio nazionale lo stesso dirigente dichiarò che non era ancora stato accertato un pericolo per la vita a causa di questo stabilimento. È cosa ormai nota e agli atti che, invece, già nel 2018, l’ARPAC aveva definito “pericoli esiziali”, ovvero mortali, per i dipendenti e la popolazione, quei fumi carichi di veleni e metalli che provenivano e provengono ancora oggi dalle Fonderie Pisano e che, fino al 7 luglio 2022, sono stati documentati quotidianamente. “Questa diffida non è che il primo passo per effettuare una vera e propria querela – si legge all’interno del comunicato emanato dalle due associazioni, dopo la conferenza di ieri – tenuto conto dei comportamenti lesivi della stessa funzione dell’Ente pubblico che questo dirigente rappresenta. Quanto al tavolo tecnico al Comune di Salerno, che tre giorni fa ha visto un terzo incontro, ci chiediamo: a chi risponde il presidente della Commissione Ambiente, che addirittura, insieme all’ASL, continua a creare depistaggio della verità? Un depistaggio non dissimile da quello messo in atto negli anni di piombo e nelle stragi successive, perché portare in un tavolo tecnico dei dati non specifici di un territorio, ovvero delle zone circoscritte dei cluster Irno I e Irno II, ma quelli dell’intero Comune di Salerno, Baronissi e Pellezzano, significa agire in malafede e nascondere le verità accertate. Noi abbiamo dati certi dallo studio SPES, realizzato da zero a tre chilometri partendo dal camino principale delle Fonderie Pisano, in cui viene certificato un disastro ambientale e sanitario, nel sangue dei cittadini, causato da questo stabilimento. Ricordiamo, infatti, che l’unica azienda che firmò il protocollo d’intesa è appunto quella delle Fonderie Pisano, uniche ad avere un forno a carbon coke che produce mercurio. E ricordiamo che abbiamo le relazioni peritali dei Consulenti Tecnici di Ufficio nominati dalla Procura, che dimostrano e certificano il nesso causale tra questa fabbrica e le patologie in eccesso e che, delle 50 cartelle cliniche esaminate, ben 35 presentano una concreta possibilità di correlazione e 4 una ragionevole certezza che siano state le Fonderie Pisano a danneggiare la vita delle persone.
Comune ed ASL potevano da tempo attivare degli strumenti di indagine, come normalmente avviene in tante altre realtà italiane, ma hanno preferito creare un gruppo di tecnici e consulenti per indagare, con cautela, sul problema della nocività di una fonderia sita in mezzo a civili abitazioni. Lo scorso 12 Luglio, dopo aver annunciato che il tavolo tecnico per le fonderie Pisano era vicino alla verità avendo acquisito i dati del Registro Tumori (mentre l’ASL si astiene dal commentare i dati), il presidente della Commissione Ambiente proclama che “nell’insieme i tumori sono secondo gli standard nazionali” ma ha sottolineato la necessità di “georeferenziare i casi”. È quindi un’ammissione di sconfitta dinanzi ad una mezza verità? No. In realtà i politici non sembrano voler arrivare alla verità, quanto piuttosto alla costruzione di un alibi. Infatti, sempre nella stessa giornata, il presidente della commissione ha concluso che “i dati per ora disponibili non consentono interventi drastici nei confronti delle fonderie Pisano”, concetto ribadito dall’Assessore all’Ambiente, che ha aggiunto che le Fonderie Pisano vadano delocalizzate ma che “il Comune non ha la titolarità per poterle chiudere, se non sulla base di una serie di componenti esterne al Comune”. E quindi si rimanda il tutto ad un ulteriore approfondimento dell’Università di Salerno, cioè si vorrebbe avviare un processo di indagine che durerà un tempo indefinito, congelando così ogni possibile scelta decisiva sulla necessità di interrompere i fumi delle fonderie. In verità un rappresentante dell’opposizione, il dottor Catello Lambiase, ha rilevato che vi sono, contrariamente a quanto affermato, dei significativi eccessi di mortalità per tumori al seno e che comunque il quadro messo in discussione sul tavolo era troppo grossolano per avere un valore significativo per gli scopi del tavolo, almeno per i motivi ufficiali. Allora adesso riveliamo, al Comune di Salerno ed all’ASL, prima ancora che al tavolo tecnico, che ci sono delle metodiche molto più efficaci ed utili a risolvere i problemi di geolocalizzazione, oltre che di eccessi di mortalità e morbilità, non solo per tumori, ma per tutte le patologie in un territorio urbano. Si tratta di strumenti utilizzati in una città molto vicina, non in una capitale del Nord Europa: Napoli. Di che si tratta? Si tratta del REC (Referto Epidemiologico Comunale) e del ReNCaM (Registro Nominativo delle Cause di Morte), che consentono di valutare la salute (e la malattia) di una popolazione per quartiere, anno per anno e stabilire delle curve di sviluppo nel corso di un lasso di tempo significativo. Su quali elementi si basano questi strumenti di analisi? Su dati facilmente reperibili sia dal Comune che dall’ASL: i dati dell’anagrafe cittadina e le schede di morte, che sono riconducibili immediatamente alla residenza e al domicilio. Questa ricerca, strutturata con criteri statistici ormai codificati, consentirebbe di tracciare la mappa della città (e, volendo, anche della provincia) con il rilievo di aree di eccessiva mortalità, ovvero di eccessi di malattie, tumorali e non. Quartiere per quartiere. Questo studio si potrebbe confrontare con il Registro Tumori, ma anche con il Registro delle Malattie Congenite e Rare. Si potrebbe pensare che questa è una bizzarria napoletana. Allora ricordiamo che la legge 22 marzo 2019 n. 29, la stessa che istituisce la Rete nazionale dei Registri Tumori e dei sistemi di sorveglianza, definisce anche il referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione, essendo tutti questi elementi strettamente connessi. Quindi ci chiediamo: il Comune si è mai posto il problema, al di là della vicenda Pisano? Per quanto riguarda il ReNCaM, ricordiamo che esso è un altro strumento che gran parte delle strutture sanitarie italiane utilizzano dal 1990 (USL, AUSL, ASL) e raccoglie i dati anagrafici del deceduto, i dati clinici relativi agli eventi ed ai processi che hanno causato l’evento morte. Sia il Comune che l’ASL, ed in gran parte d’Italia già avviene, avrebbero quindi la possibilità tramite i dati delle schede di morte e la residenza, attraverso un minimo di elaborazione statistica, di tracciare la mappa della città per quanto riguarda le variazioni di mortalità e gli eccessi di malattie in base al domicilio, contenute sempre nelle schede di morte. Parliamo di normative che sono obbligatorie dal 1999 (ReNCaM) e dal 2019 (REC). A parte quindi il colpevole ritardo con il quale evidentemente sia il Comune che l’ASL di Salerno non si sono dotati di questi strumenti (o, almeno, non risulta ufficialmente), ma perché a questo punto delegare ad un Ente terzo un lavoro che spetterebbe a loro? Forse si tenta di sprecare ancora tempo per consentire un epilogo della vicenda Fonderie Pisano che eviti un conflitto con la proprietà?”
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